Il convento de “Le Celle” costituisce uno dei primi insediamenti francescani scelto e voluto da Francesco di Assisi.
Trovatosi a predicare presso Cortona nel 1211, come suo solito, Francesco domandò ed ottenne un luogo nel quale potersi ritirare in preghiera. Un giovane nobile della città, Guido Vagnottelli (che poi diventerà il “Beato Guido”, uno dei primi compagni del Poverello di Assisi) gli offrì quello che agli inizi del XIII sec. doveva apparire un luogo aspro e soprattutto privo di qualsivoglia insediamento umano. Francesco tuttavia lo scelse per la solitudine che gli donava, ma soprattutto perché particolarmente espre ssivo del suo Signore. Presso il luogo dove ora sorgono “Le Celle”, infatti, egli trovò le vestigia del Redentore: l’acqua, segno di Cristo acqua viva; la pietra, segno di Cristo roccia su cui edificare la propria vita; una fenditura nella montagna, memoria delle piaghe del Signore Gesù, tante volte agognate da Francesco, per rivivere nel suo corpo l’amore che il Signore aveva nutrito e nutre per ogni uomo nella sua passione.
Tutto fa pensare che fin dalla sua prima permanenza, egli abbia lasciato nel luogo detto de “Le Celle” un piccolo drappello di frati a custodia di un sito a lui, da subito, così caro.
Nel 1215 Francesco, secondo una testimonianza attendibile dell’epoca, torna nuovamente a “Le Celle”, per trascorre la Pasqua, dopo aver vissuto la quaresima sull’isola Maggiore del lago Trasimeno. Egli, perfetto imitatore di Cristo, aveva in quell’occasione portato con sé solamente un pane di cui tuttavia non si nutrì, se non l’ultimo giorno e di un solo boccone, per dire la sua consapevole miseria rispetto al suo Signore il quale, invece, nel deserto, per quaranta giorni e quaranta notti non prese né cibo né bevanda.
Tante altre volte Francesco deve aver sostato presso “Le Celle” collocate sulla strada che da Assisi sale verso la Toscana, eppure di nessun’altra abbiamo testimonianza se non di un’ultima e così importante. Siamo nel 1226. E’ l’anno della morte di Francesco. Le stigmate già segnano il suo corpo da due anni, da quando il 17 settembre del 1224, sul monte della Verna, un Serafino gli donò di gustare l’amore immenso di Dio. Secondo i suoi biografi egli, in primavera, si trovava a Siena, forse per cure mediche. Le sue condizioni apparivano disperate, tanto che i compagni del Santo gli chiedono di scrivere il testamento e lui con poche e semplici parole lo dettò. Ma non era ancora giunta la sua ora. Le condizioni probabilmente migliorano.
I compagni decidono di riportarlo ad Assisi, dove tutto era cominciato e dove tutto doveva finire. E fu così che, per rendere più sopportabile il viaggio, Francesco fece nuovamente sosta a “Le Celle”, un’ultima volta, per un ultimo assaggio di quella comunione con Dio, che quel luogo gli aveva tante volte riservato.
Fu allora che, in seguito ad una permanenza forse prolungata, nel segreto della sua fenditura nella roccia, Francesco ripensa o forse addirittura inizia a scrivere il suo Testamento. Non quello di Siena, così stringato, bensì la suprema riaffermazione della sua esperienza di vita, alla ricerca di Dio. A “Le Celle”, in un luogo da allora segnato dal misticismo e dalla contemplazione dell’Altissimo.
Francesco poi riparte, verso il suo dies natalis che si consumerà il 3 ottobre dello stesso anno, adagiato “nudo sulla nuda terra”, a conclusione di una vita spesa nel cercare l’unico grande tesoro: Gesù.
Ma per le Celle non è la fine. Frate Elia, Ministro generale dell’Ordine dei Minori all’epoca della morte di Francesco, originario di Cortona, ricorda il luogo nel quale il Poverello amava trascorrere nel silenzio le sue permanenze cortonesi e, da buon architetto qual è, nel 1235 comincia a costruire la prima porzione del santuario. Costruisce in muratura la Cella e l’Oratorio di S. Francesco. Al di sopra edifica un piccolo refettorio e cinque cellette delle dimensioni della cella del Santo, dove egli stesso trascorrerà l ’ultima parte della sua vita.
Il piccolo romitorio rimane così, abitato dai frati, per circa un secolo, fin quando la proprietà passa alla diocesi e per circa 200 anni fu praticamente disabitato, anche se non completamente abbandonato.
Fu solo nel 1537 che, ormai sazi di una così lunga assenza dei frati, il Vescovo chiamò, a far rivivere quella piccola porziuncola, i Cappuccini, l’ultima delle riforme francescane, approvata pochi anni prima, nel 1528.
I nuovi arrivati compresero subito l’importanza del luogo e vollero farne la casa di Noviziato della Provincia toscana. Mancavano tuttavia gli spazi, cosicchè si mise di nuovo mano agli strumenti del lavoro: al legno, alle pietre, al cemento; e si cominciò a costruire l’attuale chiesa conventuale e il corridoio del noviziato, in alto, parallelamente alla montagna. Il corridoio conteneva 20 cellette, sempre di due metri per due, per l’accoglienza dei novizi, affinchè nella povertà delle strutture, essi venissero formati alla essenzialità della vita religiosa.
“Le Celle” rimarranno casa di noviziato per circa cinque secoli, luogo di preghiera e di testimonianza di vita evangelica e fraterna. Luogo di silenzio e di ricerca di Dio. Luogo di austerità e di crescita umana e spirituale, alla scuola del Poverello di Assisi.
Attualmente il convento de “Le Celle” è stato costituito “casa di preghiera”. Luogo nel quale continuare la secolare tradizione di ricerca di Dio, attraverso l’offerta della propria vita nella semplicità e nella gioia; luogo nel quale cercare di rivivere e di far rivivere un po’ di quella beatitudine che Francesco, 800 anni or sono, venendo dalla paludosa Valdichiana, certamente intravide, guardando una piccola ferita nella roccia, prospiciente un frusciante corso di limpida acqua.